Dagger ~ 'cause insane minds think alike


Finchè Morte Non Ci Separi

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  1. Nim
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    Pubblicata su Fanfiction Club.






    Trama:quando sogno e realtà si fondono. Fatto realmente accaduto, per quanto possa essere reale...
    Capitoli: 1
    Genere: Drammatico/Azione/Horror
    Rating: Arancione
    NB: un po' di sangue qua e là
    Completa:




    Era in trappola.
    Non c'era abbastanza spazio in quel negozio per nascondersi.
    Si raggomitolò dietro un espositore di creme per il corpo, sperando che il buio la rendesse invisibile.
    Ma quelle creature non usavano gli occhi per vedere. Si affidavano al loro olfatto, e di sicuro potevano sentire l'odore della paura.
    Nina chiuse gli occhi, cercò di respirare lentamente. Il cuore le martellava nel petto, il battito che risuonava come un tamburo nelle orecchie.
    Le urla la circondavano. In quanti erano sopravvissuti? Non lo sapeva.
    Forse rifugiarsi in quel negozio non era stata una buona idea. Erano in trappola, non c'era altra via di fuga che quella porta. E da lì loro continuavano ad entrare.
    La loro unica speranza era quella di resistere fino al sorgere del sole. Poi sarebbero stati salvi, liberi, a soprattutto vivi. Mancava ancora un'ora all'alba, e sembrava un'eternità.
    Delle urla, il rumore di qualcosa che si rompeva.
    Adrien, pensò la ragazza, trattenendo il fiato.
    Non l'aveva più visto, da quando s'erano divisi.
    “Nasconditi, presto!” le aveva urlato, mentre cercava di sbarrare la porta, le braccia di quelle creature che tentavano di afferrarlo.
    Nina era corsa dietro il bancone, cercando qualcosa col quale difendersi. Trovò soltanto penne e graffette. E il corpo di quello che doveva essere il proprietario del negozio.
    L'uomo era immobile, gli occhi sbarrati, il sangue rappreso a terra. Sembrava stringere qualcosa nelle mani, qualcosa di metallico. La ragazza s'avvicinò lentamente al corpo. Le dita dell'uomo s'erano strette attorno ad un tagliacarte. Forse aveva cercato di difendersi.
    Nina allungò la mano, tremando. Aveva bisogno di un'arma, una cosa qualsiasi. Forse non li avrebbe uccisi, ma almeno avrebbe combattuto per la propria vita.
    Toccò la lama sporca di sangue, ma un mano le afferrò il braccio, stringendolo al punto da farla urlare. Nina si girò di scatto. Da terra, l'uomo la fissava, gli occhi di quel color perlaceo che aveva imparato a temere.
    “Ninaaa... Ninaaa...” disse l'uomo, come in trance.
    Cercò di staccarsi da quella presa, inutilmente. Quelle creature erano dotate di una forza sovrannaturale.Gli sferrò un calcio sul braccio, spezzandoglielo. Riuscì a liberarsi, e corse via da quel bancone.
    Con la coda dell'occhio era riuscita a vedere Adrien e gli altri superstiti davanti alla porta. Dovevano aver ucciso cinque o sei di quelle creature.
    Non morire. Ti prego. Non morire.
    Era stato un pensiero costante in quei giorni terribili.
    “Tranquilla. Si risolverà tutto”. Glielo aveva sussurrato dolcemente, quella sera che le lacrime avevano deciso di scendere senza sosta. Quella stessa sera che lui le aveva chiesto di sposarlo.
    Devi vivere, Adrien. Devo vivere.
    Un tonfo improvviso, un'ombra in piedi davanti a lei. L'espositore era caduto a terra, spargendo tubetti di crema per tutto il pavimento. Nina alzò lo sguardo, e il respiro le si fermò in petto.
    L'oscura figura era immobile, e la fissava, il sorriso che rivelava i bianchi canini sporgenti.
    Era lui. Era Daniel.
    “Ti prego. Lasciami andare” supplicò la ragazza, cercando di raggomitolarsi verso la vetrata del negozio.
    Sentì una risata fredda, che le gelò il sangue nelle vene.
    “Piccola, dolce creatura. Perchè cerchi di sfuggirmi? Era destino che io ti incontrassi, e non si può sfuggire al proprio destino”.
    “Perchè io? Perchè tutto questo?”.
    Stava urlando, la voce stridula piena di terrore.
    “L'hai voluto tu. Se fossi venuta a me senza opporre resistenza, i cittadini di questo piccolo, insulso paese sarebbero ancora vivi”.
    L'uomo s'inchinò, avvicinandosi a Nina. La poca luce che entrava dalla vetrata grazie ai lampioni della strada gli illuminò il volto.
    “La mia regina” le sussurrò, accarezzandole il volto con le sue bianche dita, lunghe e fredde.
    “Non sarò mai la tua regina. Piuttosto preferisco morire”.
    La ragazza tremava, sia di rabbia che di paura.
    “Ma è quello che voglio, mia cara”.
    Così dicendo, la sollevò, stringendola a sé. Nina si dibatteva, ma non riusciva a liberarsi.
    Sentì la fredda mano sul collo, e chiuse gli occhi, ormai pieni di lacrime.
    Un urlo e si trovò scaraventata a terra. L'adrenalina le impedì di sentire dolore, e si guardò subito intorno.
    Nell'oscurità, vide Adrien e Daniel rotolare per terra. “Nina! Scappa!”
    A fatica, la ragazza si sollevò in piedi. Doveva essersi slogata una caviglia, non riusciva a correre senza trascinare il piede.
    Riuscì a fare pochi passi, e si ritrovò di nuovo a terra, la faccia sul pavimento umido.
    Si girò di scatto, e vide che il vampiro la stava tirando per la gamba.
    Dov'era Adrien?
    “Lasciami! Lasciami!” urlò, cercando di strisciare via.
    Un movimento rapido, e si trovò sotto al corpo dell'eterea figura.
    “Non puoi sfuggire a ME!” le urlò, gli occhi ora colmi di rabbia.
    Nina usava tutte le forze che le erano rimaste in corpo, schiaffeggiandolo e graffiandolo in volto. Ma ogni ferita spariva subito, come per magia.
    Il vampiro sorrise, ed inavvertitamente la mano della ragazza sfiorò uno dei suoi canini affilati.
    Poi una luce accecante li investì, e Nina si trovò sola.
    Si rialzò a fatica, la caviglia dolorante le impediva di stare in equilibrio, gli occhi ridotti a due fessure. Guardò fuori dalla vetrata.
    Il sole era sbucato da dietro i tetti, inondando il negozio di luce.
    “Nina!”.
    La ragazza si girò di scatto, e lo vide.
    Adrien si stava rialzando dal pavimento. Aveva i vestiti laceri e sporchi di sangue. Si teneva una mano sulla spalla.
    Sul pavimento, sangue e corpi. Con orrore, vide che non c'erano solo quelle creature, ma anche alcuni dei suoi amici.
    Morti. Morti a causa mia.
    Chiuse gli occhi, per trattenere le lacrime.Sentì qualcosa che le pungeva sulla mano sinistra.
    La guardò ed inorridì. Un piccolo puntino rosso.Nina strofinò la pelle e, con suo grande sollievo, scomparve. Forse s'era sporcata durante la lotta, o quando era caduta sul pavimento.
    Ma il puntino ricomparve, e una piccola goccia di sangue cominciò a sgorgare dalla ferita.
    Alzò lo sguardo e vide che Adrien si stava avvicinando.
    “No! Stai lontano da me!” gli urlò.
    “Nina, cosa succede?”.
    “Stai lontano da me” disse, la voce rotta, continuando a stringersi la mano.
    “Cosa...” le stava per chiedere, ma non proseguì oltre. Aveva capito.
    Rimase immobile, a pochi metri da lei. Non sapeva cosa dire e fare. Voleva piangere, urlare.
    Strinse i pugni, e rimase a fissarla.
    “E' finita, Adrien. Ha vinto lui” sussurrò la ragazza.
    Le lacrime le solcavano il volto, mentre si accasciava lentamente a terra.
    Non ci sposeremo mai. Non vivremo insieme nella piccola casa azzurra. Non avremo figli. Non avremo lo stesso futuro.
    Il dolore era troppo forte da sopportare. Non riusciva a respirare, non riusciva a fermare le lacrime.
    Non era servito a niente combattere. Daniel aveva vinto. Sarebbe stata sua. Per l'eternità.
    Nina sentì qualcosa di strano dentro di sé, come una forza che la tirava verso il centro di sé stessa. Iniziò ad urlare dal dolore.
    Adrien le corse incontro, e la strinse forte a sé, sebbene la spalla gli facesse male.
    “Amore mio” riuscì a dire, tra le lacrime, mentre sentiva che le forze della ragazza venivan meno.
    Brividi, singulti, un ultimo respiro. La pelle di Nina diventò fredda, i suoi lunghi capelli si tinsero improvvisamente di bianco.
    Rimasero entrambi immobili per quello che ad Adrien sembrò un'eternità. Poi una mano fredda gli carezzò la guancia.
    “Nina...” esclamò sorpreso, fissandola.
    Lei sorrideva, un sorriso triste. Gli occhi color nocciola che lui amava tanto erano ora color del cielo, quasi inespressivi.
    “Adrien... scappa... ” disse, un filo di voce.
    “Non me ne vado. Non ti lascio”.
    “Ma devi lasciarmi. E' finita. Sono... come lui. Non voglio... farti del male”.
    Non poteva abbandonarla, c'era ancora qualcosa della sua Nina in quella creatura. Adrien lo sentiva. Poteva vedere dentro di lei, lo aveva sempre fatto.
    Non avrebbe potuto vivere senza di lei e con la consapevolezza di doverla lasciare nelle mani di Daniel. Non l'avrebbe sopportato.
    “Come si dice? 'Finché morte non ci separi'. Beh, io non permetterò che mi separi da te”.
    “Adrien, che stai... che stai dicendo?”.
    “Io ti amo, Nina. Se amarti e stare con te vuol dire abbandonare la vita... allora lo farò”.
    La ragazza si sciolse dall'abbraccio e si alzò in piedi, senza fatica. La caviglia ferita era solo un ricordo.
    “Non fare lo stupido. Hai la possibilità di vivere. Fallo anche per me”.
    Adrien si alzò, tenendosi la spalla dolorante.
    “Se non posso stare con te” e raccolse un pezzo di vetro rotto da terra, puntandoselo al collo, “la vita non ha senso”.
    Nina fu così veloce che lui nemmeno se ne rese conto. Afferrò il vetro e lo gettò lontano, mandandolo in frantumi. Poi prese Adrien per la maglia e quasi lo sollevò da terra.
    “Stupido! Perchè mi fai questo? Credi io sia felice di essere... questa cosa? Io volevo una vita semplice. Volevo sposarmi con te. Con te! Io amo TE! Ma se sto ancora un minuto qui, finirò per... cibarmi di te. Ti ucciderò” urlò, strattonandolo e facendolo gemere dal dolore.
    “Fallo”.
    Adrien la fissò, e la sicurezza nel suo sguardo turbò Nina, che lo lasciò andare.
    “No... non...”.
    “FALLO!”, e così dicendo si tolse la maglia, rivelando un'enorme ferita sul braccio, che sanguinava copiosamente. Mise una mano sul sangue e si avvicinò alla ragazza.
    Nina dovette chiudere gli occhi, ma ormai poteva sentire tutto con l'olfatto. La forza che il sangue esercitava su di lei era troppo potente, le dava alla testa più del vino. Si sentiva incontrollabile.
    “Adrien... scappa” disse tra i denti.
    Il ragazzo non si mosse, la mano ancora piena di sangue che la invitava a cibarsi di lui.
    Nina aprì gli occhi, gli si avvicinò di scatto e gli prese la mano, sussurrandogli “ti amo”, mentre affondava i denti nel polso.


    Apro gli occhi di scatto, e sento un bruciore lancinante alle palpebre.
    Metto le mani sul volto per massaggiarle, ed sono umide.
    Ho pianto.
    E' buio. Accendo la luce e guardo l'ora. Le tre del mattino.
    “Mai più spezzatino con patate per cena... che razza di sogni” sbuffo, rigirandomi tra le coperte.


    Mi guardo allo specchio. Occhi rossi e sguardo spento.
    Mi sciacquo velocemente il volto, sperando questo mi svegli.
    Sono le dieci del mattino di una domenica soleggiata, il tempo ideale per curare le piante sul terrazzo.
    Mi siedo per terra, sorseggiando la mia quotidiana tazza di caffè caldo.
    Il mio sguardo cade per caso sulla mano sinistra.
    Un brivido, la tazza che cade e si rompe in mille pezzi.
    Sul dorso della mano c'è piccolo puntino rosso.


    ©Nim
     
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